giovedì 9 ottobre 2014

L'ultimo saluto a un amico speciale




 Caro Antonio,
non ci vediamo da molto tempo, forse da prima di Pasqua. Ricordi? Eravamo in circolare assieme, salivamo a Carlentini. Tu per passeggiare e io per lavorare. Ci siamo fatti anche una foto assieme anche se non è venuta bene. Quando siamo scesi ti ho preso a braccetto e ti ho portato verso il Market dove lavoravo, ma a un certo punto non so il motivo, forse perché hai visto il mio capo, e ti sei imbarazzato, mi hai lasciata bruscamente dicendomi che avevi dimenticato qualcosa da fare. Io ti ho aspettato e ho anche guardato spesso la strada ma non sei più tornato, quasi quasi mi scappava pure da ridere, pensavo chissà a cosa ti fosse mai venuta in mente. Ti ho conosciuto sempre a lavoro, perché amavi girare sempre in posti dove c’era da mangiare, e io ho lavorato quasi sempre in quei posti. Ti prendevamo in giro perché eri un maestro ad estorcere un panino al cliente che capitava sotto tiro. Ci cantavi la canzone di S. Alfio, e a fine anno quelle natalizie. Il tuo pseudo inglese era fenomenale, ma avevi una bella voce davvero. Ti prendevamo in giro, vero e qualche volta pure ti arrabbiavi, ma lo facevamo per scherzare e ti volevamo un mondo di bene, perché eri un buono. Eri come un bambino nel corpo di un anziano. Eri ricoverato in una casa di riposo anche se ci dicevi che eri lì solo per dormire e la mattina andavi subito via perché c’erano alcuni vecchi che ti facevano svegliare presto. Alle 5 e mezza di mattino eri gia nel centro e ti aggiravi in cerca di colazione e spuntini, ma anche perché amavi stare con le persone, e noi amavamo stare con te, anche se non tutti ti apprezzavano. Ricordo benissimo quando andai tutte le furie un giorno che un conoscente asserì di non volerti dare la mano perché ‘chissà da quando non ti lavavi’. La sua anima è molto più sporca di quello che pensava fosse la tua mano. Eppure mi rattristava pensarti alle 5 di mattino fuori per chissà quale motivo, o forse semplicemente di testa tua, nelle fredde mattinate d’inverno e sotto la pioggia. Ma se così era, qualche amico che ti dava un passaggio in auto lo trovavi sempre. Non so niente di te, tranne quello che ho sentito dire: che eri un gran lavoratore, che avevi solo la mamma ma l’hai persa da ragazzo, che il tuo papà forse era tedesco eccetera eccetera. Non importa, io ora voglio pensare solo alle tue canzoni, alle tue grandi risate, al tuo essere devoto, le processioni di S.Alfio, e la banda dietro di te. Se per strada qualcuno che conoscevi non ti vedeva gli gridavi: “Poco Serioo… Vagabondo!”, e poi scoppiavi in una fragorosa risata. Sei la Lentini buona e sorridente. Tutto questo. E non è poco. Vorrei essere stata dentro di te per un istante per vedere se eri davvero un uomo felice, o se essendo solo,  a volte soffrivi dentro e non desideravi dimostrarcelo.  Non lo sapremo mai. Sapremo solo che ci mancherai, e nessuno potrà farci più sorridere come facevi tu.

Nelly

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